martedì 21 febbraio 2012

Ars Culinariae

Non inizierò il mio ampolloso excursus culinario dall'epoca in cui l'Homo Erectus si procurava cibo e lo cucinava su focolari primordiali. Anche perchè, non stiamo a raccontarcela, nel Brodo Primordiale non c'erano mica organismi unicellulari, bensì i 'Quattro salti in Padella'. Il mio rapporto conflittuale con la cucina è nato ai tempi universitari, quando, vivendo a ben 40 km dalla Terra natia, non avevo modo di trovare, in senso letterale, la pappa pronta. Fatto sta che, tra un integrale, uno studio di funzione ed una partita a briscola chiamata (la proporzione 1:1:1 è naturalmente penalizzante per la briscola), la mia fonte di alimentazione primaria era costituita dai Sofficini. Il mio QI, allora annebbiato da buona parte dei vizi capitali, non mi consentì di leggere le istruzioni per la loro ottimale cottura, tanto da ridurmi a mangiarli/leccarli surgelati. Per 'sapere l'effetto che fa' basta pensare all'idea di un ghiacciolo al gusto di Mozzarella e Prosciutto impanato in fragrante segatura. Solo all'idea, tutte le stelle Michelin del firmamento cadrebbero in un solo istante. Dopo lunghi anni di applicazione e di malattie, tipo scorbuto, mi sono evoluto con l'utilizzo di fornelli, padella ed olio. Il 'Sofficino Perfetto', con il sorriso da pubblicità era ancora distante: a volte gelido all'interno e bollente al di fuori, altre una poltiglia senz'anima, altre ancora telefonavo al pizzeria d'asporto più vicina e raccontavo loro i miei problemi, senza ordinare nulla.
Sono stati tempi difficili, addirittura, in preda al panico di non sapere cucinare, mi mettevo a studiare. Solo molti anni dopo capii che la mia vera vocazione stava nel diventare un cuoco tanto eccelso, da usare i Sofficini solo come arma contundente, contro i vecchietti in fila alla Posta.
In seguito a questa illuminazione, seguirono mesi e mesi di studio profondo dell'arte culinaria, direttamente da fonti purissime come i premi Nobel per la 'Trippa di fagiano' Clerici-Parodi.
Iniziai da semplici soffritti, ancora impressi fisicamente nei muri di casa, per poi passare a primi elaborati, come la pasta in bianco e il riso alla 'Cà di riposo, prima mojo mejo me poso'. La fantasia trasbordava da ogni mio poro e sentivo che gli attrezzi del mestiere non erano mai abbastanza per elaborare i miei piatti. Tutte le televendite di MondialCasa erano mie: facevo aste al rialzo in trattative a prezzo fisso. Padelle, pentole frullatori, sbuccia-patate, trita-ravanelli e modella-pinoli, non potevano mancare nella mia cucina.
Non mi bastava la bontà del piatto; esso doveva presentarsi in una scenografia degna di Daniel Hezelov, o come cacchio si chiama.
Tirando le somme, posso ritenermi soddisfatto di come si sia evoluta la mia passione per i fornelli negli ultimi anni e sento che i margini di miglioramenti sono elevati.
Ora però scappo, che ho i Sofficini sul fuoco.


                                                'Sofficino con sorriso, dipinto col bianchetto'

3 commenti:

  1. Troppo penalizzante per la briscola quella proporzione!
    Quando lanciavi i sofficini ai vecchi in coda, usciva il sorriso?

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  2. Nei vecchietti più masochisti, un mezzo sorriso usciva.

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  3. A ben vedere il sorriso del sofficino è chiaramente demoniaco...

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