martedì 14 settembre 2010

Mara Maionchi, modello di vita.

E' ormai assodata l'impossibilità, in un contesto sociale spietato come quello attuale, fare del proprio ideale di condotta morale un personaggio come Gandhi, Martin Luther King o il Barbapapà 'Barbottina'. O meglio si può fare, ma il risultato migliore che si può ottenere è suonare una cetra davanti ad una Conad, raccimolando qualche centesimo. E' per questo motivo che ho dovuto cercare un modello etico da emulare per sopravvivere in questa giugla, anche detta vita. Il casting è stato molto selettivo, portando alla finale a tre i seguenti personaggi: Antonio Cassano, SpongeBob e Mara Maionchi. Il primo, investito da un ormone femminile reale, non come quello decantato nei suoi libri, l'abbiamo perso definitivamente, ma lo tengo al fantacalcio. Sul secondo, in realtà, ci credevo molto: la sua demenza senile, con la quale affronta la vita marina, mi ha fatto pensare che sia la soluzione a tutti i mali; lo terrò buono quando la demenza senile mi verrà veramente. Ed è così che la mia scelta è ricaduta su Mara Maionchi, istrionica produttrice discografica, da qualche anno protagonista sul palcoscenico di X-Factor, in veste di giudice. Una delle caratteristiche più peculiari di Mara è il modo di fare critiche costruttive: infatti riesce spesso ad inanellare una riga di bestemmie che, qualora 'bippata', costituirebbe ancora una bestemmia. Altro che terzine di Cecco Angiolieri, qui il livello è molto più elevato. D'altro canto, quando deve complimentarsi, si trasforma in un amabile peluche con le sembianze di una mantide religiosa, esordendo con un 'Bene' e finendo con un 'Bene', con in mezzo niente. Come si fa a non amarla. Un ulteriore aspetto che mi ha colpito in Mara è la gestualità. Non stiamo a raccontarcela: oggi bisogna curare, oltre al modo di parlare e ai concetti espressi, anche la forma con cui ci si pone, movimenti corporei inclusi, per non mostrare insicurezza o qualsivoglia debolezza. A questo proposito, il galateo secondo Maionchi, suggerisce di piazzare, saltuarialmente, un bel gesto dell'ombrello seguito da una 'X' formata dalle braccia incrociate: insomma una balletto di Justin Timberlake. Ecco magari bisogna trovare i momenti giusti, tipo non quando sei solo ad un semaforo che aspetti il verde nè quando la tua morosa ti chiede quanto stia bene con la sua nuova capigliatura, che manco avevi notato. Bene, dopo aver imparato ad emulare concetti e gestualità della prescelta, non resta altro che curare il look. Ricerche consolidate e pubblicate sulla rivista 'Science' dimostrano che, chi indossa un completo color caki non potrà mai concludere niente di positivo. Questo è solo uno dei molti esempi di correlazione tra abbigliamento e fallimenti. Mara, col suo tocco di classe, degno di un pastore delle Far Oer, può abbinare degli occhiali a forma di cuore con una giacca a scacchi rossi e verdi. Già mi immagino a ripercorrere le orme della mia beniamina morale in una giornata lavorativa, presentandomi da un Cliente con occhiali a cuore, monologo con combo di bestemmie e gesto dell'ombrello come saluto finale. Ok, apparentemente potrebbe essere un atteggiamento un pò marcato, ma per certi lavori, secondo me, può rendere. Per il mio dovrò adottare qualche compromesso.


 

giovedì 2 settembre 2010

Mai farsi tendare

I miei amici sono cattivi, sono giunto a questa conclusione. Non avevo mai usato il verbo essere con due soggetti diversi nella stessa frase, spero 'La Crusca' me lo conceda e non mi faccia causa. Vabbè il fatto è semplice. Quando persone a te vicine spergiurano la possibilità tendente alla certezza di riuscire a incontrare ragazze disinibite e non a pagamento, facendo un minimo sacrificio, tu cosa fai? Accetti, perchè il patto di fiducia che ti lega a loro, saldo come un contratto di Ibrahimovic, prevede che non sarai mai messo in difficoltà o in situazioni che si discostano dalla tua indole. Ventiquattro ore dopo avere accettato la proposta, nel momento in cui un cane orinò (altro verbo mai usato) sul mio cuoio capelluto, capii che Ibrahimovic è uno zingaro, così come il suo contratto e il mio patto. L'occasione da non perdere consisteva in un festival canoro, per non dire rave, in una campagna sperduta, con notte in tenda annessa. La tenda sta a me come uno sguardo passionale sta a Marotta (il calciomercato sta influenzando il post). Passiamo ai fatti. Dopo aver scarpinato un paio di chilometri tra gente rovinata ed un purpuri di cocci di bottiglie e preservativi, capisco che l'infradito non è la calzatura adatta all'occasione. Coordino le attività di montaggio delle tende non conoscendo minimamente il concetto di picchetto e do fiducia all'azione della forza di gravità; tempo trenta secondi e ritrovo la mia dimora attaccata ad un pioppio. La mia brillante autocritica mi consiglia di lasciare fare tutto agli altri, pensare solo a sopravvivere e, perchè no, tentare di limonare. Mi dirigo così verso il palco principale, come un salmone che risale la corrente, sbattendo in fiere feroci locali, tali punkabbestia. Le combatto con l'uso dei congiuntivi e un sapone di marsiglia. Mi sistemo in un posto tranquillo, vicino ad una cassa che mi fa risuonare tutte le mie 206 ossa e in un tempo infinitesimo mi vengono offerte sostanze stupefacenti, un sorso di tavernello in una bottiglia di Barolo chinato, e una maglietta di Che Guevara. Rifiuto con cordialità e mi guardo in giro in cerca di ragazze disponibili, che non stiano cacciando l'anima. Sarebbe più facile trovare un Bibbia a casa di Lele Mora. Per questo motivo, muovendomi sinuoso al ritmo di una decina di bonghi, mi dirigo verso un ristoro culinario, rimediando un piatto di Cous Cous, caramente pagato in tarda notte. Sconfortati da un tale degrado, si decide di ritornare verso l'accampamento per cercare di riposare. Dovete sapere che il mio sacco a pelo si chiama 'Capri' , ha 5 anni ed è un po timido ma soprattutto resiste ad una temperatura di 20°. Sopra lo zero. Il freddo, un dormi-bene di acciao inox e dei cani ringhianti con una vescica debole, mi hanno tenuto compagnia per tutta la notte. Il mattino seguente, sono strisciato fino alla macchina, senza neanche estrarmi dal sacco a pelo: ho avuto alcune difficoltà con la frizione. Da quel momento non ho sentito più i miei amici, che tanto bonariamente mi avevano coinvolto in questa piacevole situazione. Non so come mai eh, sarà che loro chiamano e io non rispondo o sarà un problema di linea. Va bene, ora che è tutto passato, direi che posso uscire dal sacco a pelo e tornare alla vita quotidiana con ritrovato ottimismo e con una promemoria in più sul cellulare: basta tende.