lunedì 31 maggio 2010

Sono un eroe

Quante volte, ognuno di noi ha sognato di essere considerato un eroe interplanetario? Ok, probabilmente solo io e ciò dovrebbe farmi pensare. Non sono un tipo egocentrico e la mia autostima rasenta quella di un tassista nel deserto, però ogni tanto mi chiedo come potrebbe essere canalizzata l'attenzione dell'universo mediatico su un mio gesto di nobile origine.

Si perchè sarebbe troppo facile essere sulle prime pagine dei giornali, fingendomi Premier o frodando il fisco o avendo contatti con la mafia (in questo caso si può sostituire l'operatore booleano 'o' con il suo complementare 'e').

Insomma, devo essere protagonista di un evento straordinariamente positivo, come vincere un Oro olimpico in rutti o bere con una cannuccia tutto il petrolio riversato nell'oceano Atlantico o gurdare fino alla fine il film 'Alex, l'ariete'.

Sono imprese tanto importanti, quanto difficili da compiere, ma ciò non toglie che mi debba trovare pronto qualora le dovessi realizzare.

L'altro giorno, simulando una chiamata all'ultimo minuto di Marcello Lippi per il mondiale sudafricano, ho preparato, davanti allo specchio, un'intervista strappalacrime in cui facevo riferimenti ungarettiani per palesare la mia devozione alla patria. Sono stato interrotto dalla chiamata di mia madre al 118.

Non contento, il giorno dopo, sollevavo in soggiorno una bottiglia di Montenegro, con in sottofondo Caressa che urlava: 'Alzala al cielo, capitanoooooo'. Seconda chiamata al 118.

Un processo di metempsicosi simile mi capita quando guardo film sullo stile di Armageddon, impersonando il protagonista che salva il pianeta da estinzione sicura, con l'utilizzo di un righello, un Marshmallow ed un ticket restaurant da 7,50 euro.

Mi immagino un ritorno, sulla terra ferma, con l'esultanza alla Luca Toni, in faccia al Presidente Obama.

Ridendo e scherzando, oggi ho compiuto il vero gesto che mi ha consacrato alla ribalta del palcoscenico internazionale: ho compilato il modello 730.



Ecco il tributo conferitomi:



en.tackfilm.se/

venerdì 7 maggio 2010

Nouvelle Cuisine

Stasera parte la denuncia, ve lo dico, stasera parte. Riassumo con ordine i fatti, cercando di rimanere il più lucido possibile. A pranzo mi sono ridotto a mangiare alla mensa dell'ospedale che, nelle categorie delle mense, supera di poco quella del carcere di Bogotà. Il motivo, per cui mi sono spinto a questo atto di masochismo, non lo saprei manco dire (cit. Pezzali). Forse è stato per tenere fede al detto 'Mensa in corpore sa" o, più probabilmente, stavo seguendo, come un qualsiasi stalker, due infermiere che si dirigevano in quella direzione. Fatto sta che, in pochi minuti, mi sono ritrovato con un vassoio di plastica in mano con sopra un pezzo di gazzetta degli anni '90, che mi faceva da tovaglietta. La mia scelta è ricaduta su uno sformato di patate, dal peso specifico dell'uranio impoverito e un omogeneizzato alla frutta, che mi ha riportato al periodo dello svezzamento. Avvilito da cotanta miseria e dal picche clamoroso giratomi in faccia dalle infermiere, mi riprometto di vendicarmi a cena, almeno dal punto di vista culinario. Scelgo così un ristorantino abbastanza appartato e molto ben curato negli arredi. Incurante della proporzionalità inversa tra bellezza della location e quantità di cibo, regola non scritta della ristorazione italiana, mi siedo ed ordino un menù degustazione, composto da antipasto, primo, secondo e dolce. Ingannato dalla quantità di portate mi accorgo, solo all'arrivo dell'antipasto, di avere completatmente ignorato il termine 'Degustazione'. Per carità, la presentazione dei salumi seguiva tutte le leggi di Newton, ciò non toglie che le fette erano tre. Tra primo e secondo, in piena crisi di energie mentali e fisiche, penso di aver visto, all'interno di un'allucinazione, Bigazzi e la Clerici che mi infondevano coraggio, come ad un ciclista sul passo Gavia (non escludo che i sopra citati personaggi fossero reali e, in aggiunta, i proprietari del locale). Dopo essermi ridotto a fare scarpetta col baffo di aceto balsmico che guarniva i miei due bocconcini di manzo, ho fatto desistere, con uno sguardo pieno di risentimento, il cameriere dal togliermi l'ultimo tozzo di pane, prima dell'arrivo del dolce. Dolce che consisteva in una degustazione di finezze al cioccolato. Buone, per carità, ma avrei trovato maggiore estasi culinaria con una Fiesta. Pago ed ed esco in modo signorile, salutando anche la Clerici. Girato l'angolo mi infilo da un kebbabaro per rinvigorire il mio metabolismo, spossato da una giornata sfortunata.  Ma è possibile che un ristorante, che esercita la Nuovelle cuisine, non sia obbligato a mettere un avviso o un segnale di pericolo triangolare per poveri sventurati come me? Penso che l'ira e la violenza, che circodano la società moderna, nascano anche da queste cose.